Bonus investimenti salvo se si regolarizza la dicitura in fattura

La mancata indicazione comporta la revoca dell’agevolazione

Qualora nella fattura di acquisto non sia stata inserita la dicitura con la normativa di riferimento, è comunque possibile fruire del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali regolarizzando i documenti di spesa già emessi. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con le risposte a interpello nn. 438 e 439 di ieri, analizzando per la prima volta – in dirittura d’arrivo dell’agevolazione (31 dicembre 2020, salvo ulteriori proroghe) – il delicato tema della dicitura in fattura.

L’art. 1 comma 195 della L. 160/2019 stabilisce che “ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili. A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 184 a 194”. Dalla formulazione normativa non appariva chiaro se tale onere documentale fosse previsto o meno a pena di decadenza del beneficio (si veda “Bonus investimenti in beni strumentali con apposita indicazione in fattura” del 13 gennaio).

L’Agenzia delle Entrate afferma che tali previsioni risultano nella sostanza equivalenti a quanto previsto nel contesto di altre agevolazioni per gli investimenti in beni strumentali, in particolare nella disciplina della “Nuova Sabatini” ex art. 2 comma 2 del DL 69/2013; l’art. 10 del DM 27 novembre 2013 dispone che “Sull’originale di ogni fattura, sia di acconto che di saldo, riguardante gli investimenti per i quali sono state ottenute le agevolazioni di cui al presente decreto, l’impresa deve riportare, con scrittura indelebile, anche mediante l’utilizzo di un apposito timbro, la dicitura «Spesa di euro … realizzata con il concorso delle provvidenze previste dall’art. 2, comma 4, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69». La fattura che, nel corso di controlli e verifiche, venga trovata sprovvista di tale dicitura, non è considerata valida e determina la revoca della quota corrispondente di agevolazione”.

Pertanto, secondo l’Agenzia, la fattura sprovvista del riferimento normativo non è considerata documentazione idonea e determina, quindi, in sede di controllo la revoca della quota corrispondente di agevolazione.

Considerate le analogie fra le disposizioni, l’Amministrazione finanziaria ritiene, inoltre, estensibili al caso di specie i chiarimenti forniti dal Ministero dello Sviluppo Economico nella FAQ 10.15, in cui vengono fornite precisazioni sulla corretta modalità di compilazione della fattura emessa in formato elettronico nell’ambito della “Nuova Sabatini”.

Diverse soluzioni per regolarizzare i documenti

Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate suggerisce alcune soluzioni per porre rimedio all’eventuale inosservanza delle disposizioni che impongono di indicare esplicitamente, all’interno della fattura, il riferimento normativo.

In particolare, in relazione ai documenti emessi in formato cartaceo, il cessionario che riscontri l’assenza dell’indicazione della norma anzidetta, potrà riportare autonomamente la dicitura su ciascuna fattura, con “scrittura indelebile” o mediante “utilizzo di apposito timbro”.

Qualora, invece, siano state ricevute fatture in formato elettronico, l’acquirente avrà due soluzioni alternative:
– stampare il documento, annotando sulla copia cartacea, con “scritta indelebile”, il riferimento normativo e conservarlo ai sensi dell’art. 39 del DPR 633/72;
– seguendo le indicazioni presenti nelle circolari n. 13/2018 e n. 14/2019, “realizzare un’integrazione elettronica da unire all’originale e conservare insieme allo stesso”; in sostanza, senza procedere alla materializzazione della fattura, il cessionario dovrebbe predisporre un altro documento, “da allegare al file della fattura in questione, contenente sia i dati necessari per l’integrazione sia gli estremi della fattura stessa”, che dovrebbe successivamente essere trasmesso al SdI (si tratterebbe, in sostanza, della modalità di integrazione “elettronica” delle fatture emesse in reverse charge, che l’Agenzia suggeriva antecedentemente all’introduzione delle nuove specifiche tecniche).

Dovrebbe inoltre ritenersi ancora valida la “terza via” proposta dal MISE nella citata FAQ 10.15, benché non riportata nel documento di prassi dall’Amministrazione finanziaria. Il Ministero dello Sviluppo Economico, suggeriva, infatti, che nel caso di fattura elettronica priva dell’indicazione richiesta, la regolarizzazione potesse avvenire, “mediante l’emissione”, da parte del cedente, “di una nota di credito volta ad annullare il titolo di spesa errato e la successiva emissione di un nuovo titolo di spesa corretto”.

Fonte Eutekne di Pamela Alberti e Luca Bilancini