«NUOVA VITA» PER L’ANATOCISMO BANCARIO

«NUOVA VITA» PER L’ANATOCISMO BANCARIO

Con il varo del decreto CICR n. 343/2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 212/2016, giunge a compimento la tormentata vicenda dell’anatocismo bancario, vietato ai sensi dell’art. 1283 c.c., poi liberalizzato con delibera CICR del 2000, nuovamente interdetto con L. 147/2013 e ora, infine, largamente riabilitato dalla L. 49/2016, di cui il decreto n. 343/2016 costituisce attuazione tecnica.

Infatti, la reintroduzione dell’anatocismo – inteso come il fenomeno di produzione di interessi sugli interessi – non ha carattere puramente derogatorio di un generale divieto, come potrebbe apparire a una prima lettura del nuovo comma 2 del novellato art. 120 del TUB, ma si impone come principio normativo, sebbene in una veste particolare, scavalcando per le banche l’argine preclusivo del codice civile.

Si rileva che già nella versione 2013 della disposizione bancaria, dove, con cattiva coscienza e pessima tecnica normativa, si parlava sibillinamente di interessi “capitalizzati”, anche se era chiaramente stabilito che gli interessi fossero improduttivi di ulteriori interessi e, un po’ meno chiaramente, ma secondo l’interpretazione preferibile, che il divieto fosse immediatamente efficace.
Pertanto, in caso di violazione, poteva scattare l’usurarietà del tasso di interesse applicato con effetto anatocistico a partire dal 1° gennaio 2014 e fino al 1° ottobre 2016, data di decorrenza del nuovo computo degli interessi secondo il decreto CICR n. 343/2016.

La L. 49/2016 ha costituito, quindi, solo parzialmente un ripensamento rispetto alla legge del 2013.

La differenza formale è lampante se si confrontano i due testi.

In realtà, già l’art. 120, comma 2 del TUB versione 2013 demandava al CICR di definirne le modalità tecniche di attuazione e la conseguente proposta di delibera, messa in consultazione nell’agosto 2015, pretendeva di reintrodurre una forma di anatocismo per alcuni (peraltro diffusissimi) contratti bancari.Si osserva che, a parte il ritardo con il quale era stata abbozzata la nuova regolazione degli interessi – forse nella (errata) convinzione che in mancanza fosse ancora in vigore la delibera del 2000 – la fonte subordinata non poteva introdurre una forma di anatocismo, stante il perentorio divieto legislativo a riguardo.

E, in effetti, tale delibera non è mai venuta alla luce.

È già stato notato dai primi commentatori che la larga diffusione tra la clientela e la genericità definitoria dei contratti a cui non si applica il divieto – secondo cui gli interessi “debitori” non possono produrre ulteriori interessi – rende la deroga di portata estremamente lata, e non tendenzialmente eccezionale, come invece dovrebbe per essere tale.

Quanto poi alla richiesta autorizzazione, anche preventiva, del cliente affinché la deroga operi (art. 120 comma 2 lett. b) punto II del TUB), è fin troppo facile prevedere che essa sarà standardizzata nei modelli contrattuali, a cui il cliente medio non potrà che aderire.

Ma la novità più eclatante è quella racchiusa nell’ulteriore deroga al divieto di anatocismo quanto agli interessi di mora, che possono ora essere computati sugli interessi debitori maturati (art. 120 comma 2 lett. b) punto I del TUB).

Legittimato un inedito anatocismo moratorio

A rigore, non si tratta neppure di una vera e propria deroga, costituendo, invece, un principio generale, che sembra applicarsi a tutti i rapporti bancari generatori di interessi.

Se così è, viene allora legittimato un inedito anatocismo moratorio, estensibile per esempio ai mutui, con sovversione della consolidata giurisprudenza secondo cui, nel caso di “pagamento di rate costanti comprensive di parte del capitale e degli interessi, questi ultimi conservano la loro natura e non si trasformano invece in capitale da restituire al mutuante, cosicché la convenzione, contestuale alla stipulazione del mutuo, la quale stabilisca che sulle rate scadute decorrono gli interessi sulla intera somma integra un fenomeno anatocistico, vietato dall’art. 1283 c.c.” (Cass. n. 2593/2003).

VINCENZO PACILEO – 26 settembre 2016