La Corte dei Conti lancia l’allarme «erosione» del sistema fiscale

La Corte dei Conti lancia l’allarme «erosione» del sistema fiscale

La magistratura contabile denuncia le troppe agevolazioni (799) e apre all’aumento dell’IVA: «Avrebbe effetti meno distorsivi sull’economia»

Oltre a “continuare a distinguersi” nel contesto europeo per livello e distribuzione del prelievo, l’Italia si colloca al “secondo posto nella graduatoria internazionale sul livello di erosione del sistema fiscale”. A delineare un quadro fatto di tante “distorsioni” e “vincoli stringenti” è la Corte dei Conti che, nella mattinata di ieri, ha presentato il “Rapporto 2016 sul coordinamento della Finanza Pubblica”.

Un documento che riserva tanto spazio alla politica fiscale degli ultimi anni, che ha prodotto, fino alla manovra 2015, un totale di 800 interventi sulle entrate tributarie, a cui vanno aggiunti i 67 provvedimenti (22 di aumento, 45 di riduzione del prelievo) contenuti nella legge di stabilità 2016.

Misure che, tra gli altri effetti, hanno portato alla “significativa dilatazione” del fenomeno delle agevolazioni: dalle 720 agevolazioni previste nel 2011 (pari a un vuoto di gettito di 254 miliardi di euro) si è arrivati alle 799 di oggi, per una perdita di entrate di circa 313 miliardi di euro.

Tali agevolazioni impattano soprattutto sul gettito IRPEF (circa 105 miliardi erosi), ma spiegano, almeno in parte, anche perché il rendimento dell’IVA (circa il 6% del PIL) sia al livello più basso tra tutti i Paesi Ue. In Italia, infatti, il 43% della base imponibile IVA è assoggettato ad aliquote ridotte, “quasi il doppio – si legge nel rapporto – di quanto si rileva per il resto d’Europa”. Se a ciò aggiungiamo un’evasione annua di circa 40 miliardi, ovvero il 34% del valore potenziale dell’imposta (la media Ue è del 15,2%), ecco spiegato l’ultimo posto nella classifica di rendimento.

Rimanendo sulle graduatorie, l’Italia è nelle prime posizioni per la pressione fiscale complessiva, pari al 43,3% a fine 2015 (circa 4 punti in più della media degli altri Paesi dell’Unione). Quanto alla distribuzione del prelievo, la Corte dei Conti rileva un onere a carico dei fattori produttivi “decisamente superiore a quello sopportato da consumi e capitale”.

In particolare, l’Italia si trova al secondo posto per il livello di prelievo sui redditi da lavoro (42,8%, quasi 8 punti in più della media europea) e al terzo per quello sui redditi d’impresa (circa 26%, oltre il 50% in più della media Ue), ma è solo al 22 posto (17,7%, quattro punti sotto media) nel prelievo sui consumi.

È per questo che, secondo la magistratura contabile, qualora dovesse servire, oltre al taglio della spesa, un ulteriore intervento sulle entrate per far fronte alle clausole di salvaguardia e alle riduzioni di prelievo già decise (IRES) o annunciate (IRPEF), sarebbe il caso di intervenire sull’IVA.

Un aumento dell’aliquota (oggi il tasso medio di prelievo è tra i più bassi d’Europa) si configurerebbe come un intervento “tra i meno distorsivi quanto ad impatto sull’economia” e sarebbe “preferibile ad altre forme di imposizione indiretta, sia per l’ampiezza della base imponibile su cui si distribuirebbe, sia in considerazione dei ripetuti stress cui sono stati finora soggetti altri comparti”.

Più in generale, la Corte dei Conti auspica che si proceda con un “profondo riassetto della base imponibile, redistribuendone la collocazione fra aliquota ordinaria e agevolata”.

Il rapporto presentato ieri fa il punto anche sul quadro macro-economico del sistema Italia, confermando la crescita dello 0,8% del PIL nel 2015, accompagnata da una crescita nominale “superiore alle aspettative”, pari all’1,5%. Gli andamenti congiunturali, però, “si sono via via indeboliti in corso d’anno” e questo porta a credere che, seppur “fuori dalla fase recessiva”, la ripresa è “ancora debole” e “può trovare difficoltà a consolidarsi”.

Per questo, ci sono “incertezze sugli andamenti del 2016”, ma “permangono fattori che dovrebbero consentire di realizzare una moderata accelerazione del saggio di crescita”, come l’aumento di crediti e investimenti nel settore delle costruzioni, la riduzione del tasso di disoccupazione e la discesa della pressione fiscale.

A questi si aggiungono gli ulteriori interventi in materia di spending review, che “non implicano necessariamente una riduzione della spesa nel suo insieme ma la sua ricomposizione”, maggiormente orientata verso “impieghi che contribuiscono al rilancio dell’economia”. Così il titolare del MEF, Pier Carlo Padoan, il quale, nel corso del suo intervento, ha ricordato che “la dinamica della spesa pubblica è già sotto controllo: nel biennio 2014-2015 e in previsione nel triennio 2016-2018, al netto degli interessi sulle prestazioni sociali, la spesa rimane sostanzialmente stabile in termini nominali, riducendosi progressivamente in termini reali”.

Eutekne.info –Savino GALLO