Congedi o ferie come misure alternative allo smart working

Restano ferme le disposizioni sul lavoro agile di cui al DPCM dell’8 marzo 2020

Il DPCM del 9 marzo 2020, contenente ulteriori disposizioni attuative del decreto legge del 23 febbraio 2020 n. 6, conv. L. 5 marzo 2020 n. 13, recante misure urgenti volte al contenimento e alla gestione dell’emergenza causata dal COVID-19, ha esteso all’intero territorio nazionale le misure già previste dall’art. 1 del DPCM dell’8 marzo scorso, rendendo tutta l’Italia “zona protetta”. Il nuovo DPCM avrà efficacia fino al 3 aprile 2020.
Ora, per tutto il territorio italiano, ogni spostamento dovrà essere giustificato da comprovate esigenze lavorative (si veda “Per gli spostamenti comprovate esigenze lavorative da dimostrare” di oggi) o situazioni di necessità o motivi di salute, rimanendo consentito il rientro presso il proprio domicilio, abitazione o residenza.

Per i lavoratori, le esigenze lavorative sono quelle normalmente connesse al rapporto di lavoro, che devono essere comprovate, quindi in qualche modo documentate. Pertanto, si dovrà certificare mediante documentazione rilasciata dal proprio datore di lavoro che lo spostamento avviene per esigenze di lavoro, ma i lavoratori potranno anche autocertificarlo. Con la direttiva ai prefetti del Ministro dell’Interno, la cui adozione è stata resa nota con comunicato dell’8 marzo sul sito del Ministero stesso, è stato infatti precisato che tali esigenze, così come le situazioni di necessità o i motivi di salute, possono essere attestate mediante autodichiarazione, resa anche in occasione della compilazione dei moduli forniti dalle forze di polizia.

Quanto al ricorso al lavoro agile, rimane fermo quanto disposto dal DPCM dell’8 marzo all’art. 2, comma 1, lett. r). Rimane così invariato l’accesso “semplificato” allo smart working: i datori di lavoro presenti sull’intero territorio nazionale sono invitati ad applicare la particolare modalità di svolgimento della prestazione rappresentata dal lavoro agile per la durata dello stato di emergenza (quindi fino al 31 luglio 2020), anche in assenza degli accordi individuali, pur nel rispetto dei principi dettati dalle disposizioni contenute nella L. 81/2017 (si veda “Potere direttivo del datore invariato in caso di smart working” del 4 marzo 2020).

Sul sito INAIL è scaricabile un modello di informativa per assolvere agli obblighi datoriali in materia di sicurezza sul lavoro di cui all’art. 22 della L. 81/2017, che dovrà essere inviata in via telematica ai lavoratori e ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS).

Si ricorda, poi, che sul sito Cliclavoro i datori di lavoro, utilizzando le credenziali del portale, potranno accedere alla procedura telematica semplificata per il caricamento massivo delle comunicazioni di smart working, essendo stato posticipato a data da destinarsi l’accesso ai servizi on line tramite SPID (Sistema pubblico di identità digitale) del Ministero del Lavoro, previsto per il 13 marzo 2020 (si veda “Posticipato l’accesso ai servizi on line del Ministero del Lavoro tramite SPID” del 10 marzo 2020).
Tra le informazioni da indicare nelle predette comunicazioni massive rientrano i dati anagrafici dell’azienda e dei lavoratori interessati, la posizione assicurativa territoriale INAIL (c.d. PAT), la voce di tariffa INAIL associata al rapporto di lavoro e la data di inizio e fine del lavoro agile.

Sulle misure alternative datore e lavoratori devono raggiungere un accordo

In alternativa al lavoro agile, i datori di lavoro, pubblici e privati, sono infine esortati a promuovere, fino – per il momento – al 3 aprile, la fruizione da parte dei lavoratori dipendenti di periodi di congedo ordinario e di ferie (art. 1, comma 1 lett. e) del DPCM 8 marzo 2020).
La fruizione del congedo o delle ferie da parte dei lavoratori costituisce, quindi, una misura alternativa rispetto allo smart working per fronteggiare l’attuale emergenza sanitaria. Risulta evidente, dal dato testuale della disposizione, in cui è appunto utilizzato il verbo “promuovere”, che non può trattarsi di un’imposizione datoriale in quanto le parti contrattuali, quindi datore di lavoro e lavoratori, devono raggiungere sul punto un accordo.
Resta, comunque, il fatto che l’utilizzo di congedi o ferie potrebbe rappresentare un valido strumento per limitare gli spostamenti dei lavoratori per tutte le aziende in cui il ricorso al lavoro agile risulti particolarmente difficoltoso per il tipo di attività svolta o non sia comunque possibile per esigenze organizzative.

Fonte Eutekne – di Giada Gianola