Ampia revisione dei presupposti dell’IVA

Le modifiche prospettate dalla legge delega interessano l’ambito oggettivo, soggettivo e territoriale

Tra gli interventi previsti dalla legge delega di riforma fiscale, uno tra i più rilevanti concerne la revisione dei presupposti dell’IVA, al fine di “renderli più aderenti alla normativa dell’Unione europea” (art. 7 comma 1 lett. a) della L. 111/2023).

La delega al Governo ad adottare i necessari decreti legislativi è, in questo settore, molto ampia.
La normativa IVA (DPR 633/72 e DL 331/93) sarà, dunque, modificata sia nei suoi presupposti (oggettivo e soggettivo), sia in termini di territorialità; in un’ottica estensiva, non è da escludere che si possa rendere necessario un ritocco delle previsioni riferite al momento di effettuazione.

Uno degli aspetti prioritari, poi, su cui potrebbe intervenire il legislatore delegato è l’introduzione del distinguo tra “cessioni di beni con trasporto” e “cessioni di beni senza trasporto”, presente negli artt. 31 e 32 della direttiva 2006/112/Ce, ma non espressamente nella norma interna, per quanto la sua formulazione attuale possa considerarsi omnicomprensiva.

E, ancora, nell’art. 7-bis comma 1 del DPR 633/72 sono menzionate “tutte le cessioni di beni” che abbiano per oggetto “beni mobili nazionali, comunitari o vincolati al regime della temporanea importazione, esistenti nel territorio dello stesso”. Dall’ambito di applicazione territoriale sono così esclusi i beni la cui posizione doganale è “allo stato estero”, seppure ubicati nel territorio dello Stato (come è nel caso dei beni in regime di deposito doganale), segnando così un altro punto di “distacco” dalla direttiva comunitaria.

Inoltre, si potrebbe armonizzare la disciplina delle cessioni di beni trasferiti dall’Italia per essere installati o montati nel territorio di un altro Stato membro. Al momento, l’art. 41 comma 1 lett. c) del DL 331/93 le qualifica come cessioni intracomunitarie in Italia, in luogo dell’esclusione dal novero dei trasferimenti di beni, contemplata dalla norma Ue (art. 17, § 2 della direttiva 2006/112/Ce). Si tratta di una soluzione che il legislatore ha adottato nell’ottica della maturazione del plafond, a mantenimento del quale potrebbero però trovarsi diversi accorgimenti.

Una modifica di più ampio respiro potrebbe riguardare la riconsiderazione dei presupposti oggettivo e soggettivo del tributo, tuttora ancorati – nel DPR 633/72 – a criteri di carattere civilistico.
Ad esempio, la nozione di “cessione di beni”, come evidenzia la relazione illustrativa al Ddl. di legge delega, non valorizza adeguatamente il “concetto economico sostanziale” delle operazioni poste in essere.
In virtù dell’art. 14 della direttiva 2006/112/Ce, d’altro canto, la “cessione di beni” è intesa in senso più generale e comprende qualsiasi “trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario”.

Sarebbe, inoltre, utile specificare – nella normativa interna – che rientrano fra le “cessioni di beni” i soli beni mobili materiali (le cessioni dei beni immateriali configurano difatti “prestazioni di servizi” ai fini IVA).
Attualmente ciò si evince solo dall’art. 3 comma 2 n. 2 del DPR 633/72 che nel novero delle prestazioni include, ad esempio, le cessioni di licenze, di diritti d’autore, quelle relative a marchi e insegne e quelle “relative a diritti o beni similari ai precedenti” (sul punto, si veda la circ. Agenzia delle Entrate n. 32/2009).

Anche la disciplina IVA del leasing richiederebbe qualche adattamento alle disposizioni unionali, poiché l’art. 14 § 2 lett. b) della direttiva condiziona la natura di “cessione di beni” del bene consegnato in forza di un contratto di locazione finanziaria al fatto che sia presente una “clausola secondo la quale la proprietà è normalmente acquisita al più tardi all’atto del pagamento dell’ultima rata”.

Quanto alla definizione di prestazione di servizi, a differenza della norma nazionale che individua una serie di fattispecie rilevanti per l’imposta, l’art. 24 della direttiva 2006/112/Ce considera prestazione di servizi “ogni operazione che non costituisce una cessione di beni”.

Un ulteriore aspetto della normativa IVA interna passibile di modifiche è la qualificazione dei soggetti passivi.
Secondo l’art. 9 della direttiva 2006/112/Ce, è un soggetto passivo IVA “chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività”. Si tratta di una definizione omnicomprensiva delle categorie previste dagli artt. 4 e 5 del DPR 633/72, ossia l’esercizio di impresa, arte o professione.

Tra l’altro, per l’esercizio d’impresa si rinvia all’esercizio abituale, ancorché non esclusivo, delle attività commerciali o agricole di cui agli artt. 2135 e 2195 c.c., mentre l’art. 9 della direttiva fornisce una definizione di “attività economica” (ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate).

Incidentalmente, si segnala che nell’ambito di queste attività rientra anche l’occasionale cessione di un fabbricato. È interessante notare che vi è una diversa nozione di “fabbricato”: ai sensi dell’art. 12 § 2 della direttiva, vi rientra “qualsiasi costruzione incorporata al suolo”, sebbene a livello nazionale si sia adottato un criterio oggettivo “legato alla classificazione catastale degli stessi” (circ. Agenzia delle Entrate n. 22/2013).

Fonte Eutekne di Emanuele Greco e Simonetta La Grutta