Verso una definizione comune della sharing economy

La Commissione europea ha presentato gli orientamenti cui gli Stati membri dovrebbero conformarsi

7 GIUGNO 2016

Il 2 giugno 2016, la Commissione Ue ha presentato l’agenda europea per l’economia collaborativa (sharing economy), volta a sostenere consumatori, imprese e pubbliche autorità affinché operino con fiducia nel nuovo settore, caratterizzato da una forte dinamicità e da una rapida e costante espansione.

La comunicazione muove dalla considerazione che la sharing economy possa dare un contributo importante alla competitività, allo sviluppo e all’occupazione nell’Unione europea; è, pertanto, necessario che nuovi modelli imprenditoriali siano incoraggiati, sostenuti e sviluppati in modo responsabile. Tuttavia, in questi anni, gli Stati membri sono intervenuti normativamente con provvedimenti eterogenei, creando incertezza negli operatori economici e nei consumatori (iniziative legislative esistono, oltre che in Italia, anche in Austria, Danimarca, Estonia, Francia, Finlandia, Gran Bretagna, Lituania e Slovacchia).

Da qui la necessità di fornire delle linee guida cui possano conformarsi i legislatori nazionali e le autorità interne demandate alla regolamentazione del nuovo mercato. Lo spettro d’intervento è ampio e copre i requisiti di accesso, la responsabilità per le informazioni divulgate, la tutela dei consumatori, la prevenzione della diffusione on line di contenuti illeciti, l’inquadramento giuslavoristico, il prelievo fiscale.

Il comun denominatore è un costante invito alla semplificazione, alla creazione di procedure snelle e al contenimento degli obblighi che derivano dall’operare nel mercato, che non devono essere sproporzionati, soprattutto se imposti a privati che forniscono servizi solo occasionalmente.

Con riferimento agli aspetti fiscali, la Commissione chiarisce che sia le piattaforme, sia coloro che forniscono servizi di alloggio, trasporto, ecc. sono tenuti a corrispondere all’Erario quanto dovuto in termini di imposte sul reddito delle persone fisiche, imposte sul reddito delle persone giuridiche e di imposta sul valore aggiunto. L’identificazione di criteri di tassazione omogenei ed una stretta collaborazione tra le autorità preposte nei vari Stati membri è vista come necessaria – così come è avvenuto con il MOSS per l’e-commerce – per consentire la corretta imposizione fiscale e la conseguente riscossione delle imposte.

Nell’analisi posta a supporto all’agenda europea e resa pubblica, unitamente ad ulteriore documentazione, sempre lo scorso 2 giugno, la Commissione rileva una prima criticità: gli Stati membri non hanno una definizione omogenea di economia collaborativa, che è, invece, presupposto imprescindibile per definire il regime di tassazione applicabile alle operazioni. Tale definizione dovrà tenere conto della circostanza che vi sono varie tipologie di piattaforme: professionali, di mera intermediazione, volte alla condivisione dei costi, finalizzate a fornire assistenza ai bisognosi, ecc.

Per le imposte dirette da individuare la corretta allocazione del reddito

Ai fini delle imposte dirette, è necessario individuare la corretta allocazione del reddito, considerato che l’utilizzo degli strumenti informatici rende possibile, per le imprese che operano prevalentemente o esclusivamente sul web, svolgere la propria attività senza che sia necessaria la presenza fisica negli Stati o territori in cui si trovano gli utilizzatori del servizi. A tal proposito, lo studio della Commissione richiama il noto documento pubblicato in materia dall’OCSE nel 2014 (“Addressing Tax Challenges of The Digital Economy”, OECD/G20 Base Erosion and Profit Sharing Project).

Con riferimento all’IVA, la Commissione ed il Comitato IVA sono già da tempo al lavoro per identificare i principi base della tassazione indiretta (si veda il working paper n. 878 del 22 settembre 2015). Le questioni fondamentali riguardano la scelta del regime di tassazione per le operazioni permutative e per le situazioni in cui i privati conferiscono beni e servizi ricevendo in cambio il diritto di ottenere altrettanti beni o servizi. Tra l’altro, è allo studio la possibilità di estendere il sistema del MOSS (“Mini one stop shop”) alle cessioni di beni.

Gli strumenti per giungere ad una definizione dei regimi di tassazione sono la più volte richiamata collaborazione tra le autorità fiscali dei vari Stati membri, come pure tra autorità fiscali e piattaforme. Un primo passo in quest’ultimo senso è stato compiuto dalla stessa Commissione che, in occasione della pubblicazione dell’action plan per l’IVA (documento COM (2016) 148 final), lo scorso 7 aprile, ha promosso un progetto pilota per la cooperazione tra le amministrazioni fiscali e ha pubblicato una guida per la cooperazione tra queste ultime e i soggetti che operano nel mercato dell’e-commerce.

Da Eutekne.info