Il nuovo regime IMU per gli immobili in comodato riduce i beneficiari

Il nuovo regime IMU per gli immobili in comodato riduce i beneficiari

Secondo le stime della Fondazione nazionale commercialisti, la riduzione del 50% della base imponibile li fa scendere da 52.000 a 33.500

L’agevolazione IMU per le unità immobiliari concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado (genitori o figli), rivista dalla legge di stabilità 2016, presenta in molti casi un notevole svantaggio fiscale rispetto al regime precedente, introduce oneri amministrativi e riduce la platea dei beneficiari da 52.000 a circa 33.500. Lo sostiene la Fondazione nazionale commercialisti, che ieri ha diffuso alcune stime per osservare il possibile impatto della nuova normativa su contribuenti e finanze pubbliche.

Prima di tutto si ricorda che l’art. 1 comma 10 della L. 208/2015 (legge di stabilità 2016), intervenendo sull’art. 13 comma 3 del DL 201/2011 convertito, ha previsto, dal 1° gennaio, una riduzione del 50% della base imponibile dell’IMU (e quindi anche della TASI, dato che la base imponibile è la stessa) per le unità immobiliari, escluse quelle di maggior pregio (A/1, A/8 e A/9), concesse in comodato dal soggetto passivo ai parenti in linea retta entro il primo grado che la destinano ad abitazione principale e a patto che: il contratto sia registrato; il proprietario dell’immobile (comodante) possieda un solo immobile in Italia e risieda anagraficamente nonché dimori abitualmente nello stesso Comune in cui è situato l’immobile concesso in comodato.

Il beneficio si applica anche nel caso in cui il comodante, oltre all’immobile concesso in comodato, possieda nello stesso Comune un altro immobile adibito a propria abitazione principale, eccetto le unità abitative classificate nelle categorie A/1, A/8 e A/9.

Inoltre, il possesso di altri immobili non abitativi non osta all’applicazione dell’agevolazione. Il Ministero dell’Economia ha fornito ulteriori chiarimenti in materia con la risoluzione n. 1/DF/2016.

Le stime della Fondazione sono basate su alcune ipotesi relative alla variazione del beneficio fiscale nel confronto tra la situazione attuale e la precedente, in vigore fino al 2015.

La FNC ricorda che, prima delle modifiche della legge di stabilità, l’art. 13 comma 2 del DL 201/2011 prevedeva la facoltà, per i Comuni, di assimilare all’abitazione principale le unità immobiliari concesse in comodato ai parenti in linea retta entro il primo grado che la utilizzavano come abitazione principale, disponendo che l’agevolazione operasse limitatamente alla quota di rendita risultante in Catasto non eccedente il valore di 500 euro oppure nel solo caso in cui il comodatario appartenesse a un nucleo familiare con ISEE non superiore a 15.000 euro annui.

Dalla lettura dei documenti parlamentari e delle relazioni tecniche che accompagnano i provvedimenti normativi, per i commercialisti si evince che la stima per il mancato gettito IMU, pari a 37 milioni su base annua per 2014 e 2015, si riduce a 20 milioni per il 2016.

Perdita di gettito minore rispetto alle previsioni

Considerando le rendite catastali medie delle abitazioni desumibili dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia, la Fondazione stima un calo maggiore della platea di beneficiari nel 2016 nei confronti del 2015 con una riduzione di gettito per le finanze pubbliche di circa 15 milioni di euro anziché 20 come previsto nella Relazione tecnica alla legge di stabilità.

Inoltre, in base alle stime per il singolo contribuente che accede all’agevolazione, il risparmio fiscale nel 2016 si riduce considerevolmente e, in alcuni casi, come accade per la gran parte delle abitazioni popolari, si annulla del tutto fino a diventare negativo. Ciò accade – spiega la FNC – per effetto dell’onere derivante dall’obbligo della registrazione del contratto di comodato che qui è ipotizzato pari a 232 euro (200 euro per la registrazione e 32 euro per le marche da bollo ipotizzando due contratti da 4 facciate ciascuno).

Le simulazioni sono state condotte ipotizzando la situazione di un contribuente residente in uno dei circa 1.700 Comuni che nel 2015 avevano deliberato l’agevolazione in questione con i seguenti parametri: rendita catastale inferiore a 500 euro, ISEE inferiore a 15 mila euro e aliquota ordinaria pari al 9,6 per mille.

Esse hanno a oggetto tre tipologie di abitazioni: popolare (A4), economico (A3) e civile (A2) e utilizzano come rendita catastale la rendita media riportata dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare dell’Agenzia delle Entrate.

“Non intendiamo fare critica di parte al legislatore di turno, ma nella fattispecie si tratta di una manovra restrittiva inadeguata – ha commentato il Presidente della FNC Giorgio Sganga – poiché, oltre a prevedere requisiti più stringenti, impone oneri amministrativi, con il risultato di determinare nuovi oneri fiscali per chi ne beneficiava in precedenza a fronte di un mancato gettito ancora più basso del previsto, già di per sé irrisorio. Sarebbe stato più utile un confronto sul piano tecnico-fiscale con i commercialisti, che possono supportare il legislatore con la loro esperienza sul campo e il contatto diretto con i contribuenti”.

Da Eutekne.info REDAZIONE